Le nostre risposte alle obiezioni più frequenti

Tale scenario si fonda su basi giuridiche e sociali errate: infatti gli effetti giuridici di un’abrogazione devono essere valutati alla luce della realtà sociale e della prassi giuridica relativa all’art. 579 c.p.  Il nuovo contesto costituzionale nel quale si inserirà la normativa di risulta a seguito del referendum è oggi caratterizzato sia dalla vigenza della legge 219/2017 che definisce le caratteristiche che il consenso del richiedente deve avere nell’ambito di un percorso di fine vita, sia dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 che individua le circostanze per le quali si possa legittimamente chiedere la morte volontaria. 
l’art. 579 c.p. non viene totalmente depenalizzato perché il quesito referendario fa salve le tutele poste per le persone più vulnerabili ovvero i minori, gli incapaci anche parzialmente o con una deficienza psichica momentanea e le persone il cui consenso non è libero, ovvero estorto o carpito con l’inganno. In tutte queste circostanze verrà applicata la norma che punisce l’omicidio doloso. 

Il referendum non è manipolativo in quanto si limita ad abrogare una delle due fattispecie contenute nell’art. 579 codice penale ovvero quella relativa all’omicidio del consenziente mantenendo in piedi la fattispecie di omicidio doloso e tutelando i soggetti vulnerabili. 

Sorprende che alcuni giuristi rilevino come il referendum non faccia riferimento ai limiti posti dalla Corte costituzionale. Sorprende perché non è costituzionalmente possibile inserire in un quesito delle condizioni, dal momento che i referendum popolari sono solamente abrogativi e dunque si limitano ad eliminare parti o intere norme. Per avere una normativa organica, coerente ed equilibrata l’unico strumento possibile è quello di una legge. Partendo da questa consapevolezza, l’Associazione Luca Coscioni nel 2013 ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare, che però non è mai stata discussa dal Parlamento italiano (pdl popolare n. 2 attuale legislatura). 

Dal momento che lo strumento referendario è l’unico in grado di ovviare all’inerzia del legislatore attraverso un intervento diretto dei cittadini nella produzione normativa, ma poiché tale strumento ha il limite di essere solo abrogativo, non ci può aspettare una normativa dettagliata e organica da questo strumento. 

L’abrogazione dell’omicidio del consenziente non esplicherà effetti di depenalizzazione per fatti commessi contro persone che non abbiano piena coscienza della propria richiesta. La giurisprudenza sull’art. 579 codice penale è sempre stata univoca su questo punto, che dunque non può e non deve essere strumentalizzato dai detrattori del referendum. Infatti viene sempre applicato il reato di omicidio doloso nelle ipotesi in cui il fatto sia commesso nei confronti di una persona inferma di mente o in condizioni di deficienza psichica per altra infermità. A viziare il consenso è sufficiente anche una momentanea diminuzione della capacità psichica che renda il  soggetto non pienamente consapevole delle conseguenze del suo atto, come appunto uno stato depressivo o una nevrosi momentanea.

La Corte costituzionale non ha affermato il principio di indisponibilità della vita. Nel caso Cappato/Antoniani, la Consulta ha affermato che la tutela della vita non contrasta con la possibilità del soggetto di ricorrere al suicidio assistito. L’ art. 580 codice penale resta costituzionalmente legittimo nella misura in cui, in sua assenza, rischierebbero di emergere “gravi pericoli di abuso nei confronti dei soggetti in condizioni vulnerabili”. 
In questi casi il consenso del soggetto passivo non è un consenso alla propria uccisione, dunque non è tale da scriminare la condotta di chi ne cagiona la morte. Il consenso, proprio perché è  in gioco il bene vita deve essere, come accade oggi in piena vigenza dell’art. 579 codice penale sottoposto ad un attento vaglio per verificarne la libertà e la validità.
La proposta di legge di iniziativa popolare depositata dall’Associazione Luca Coscioni nel 2013 non è mai stata discussa ed attualmente il Parlamento sta discutendo un testo base che non disciplina l’eutanasia bensì si limita a tradurre in legge quanto già previsto dalla Corte costituzionale nel caso Cappato/Antoniani, introducendo ulteriori restrizioni anzichè cogliendo l’occasione per emanare una legge completa e ragionevole.
In questo contesto, lo strumento referendario, che ha caratteristiche di massima democraticità proprio per la sua natura diretta e popolare, esplica una funzione non solo ammissibile bensì necessaria sia per la materia del fine vita sia per l’intero sistema penale che oggi è ostaggio di norme di stampo fascista contrarie alla nostra Costituzione. 
La versione approfondita di tutte le risposte sopra elencate è disponibile qui.